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Transessuali, tutto quello che non vi dicono (peccati compresi)

«I trans e i transgender non sono persone malate, non sono disturbate, non hanno nessuna patologia,né fisica né psichica, ma una condizione esistenziale con la quale nascono e che noi medici chiamiamo una “disforia di genere”.
Nel glossario dell’OMS (Organizzazione Mondiale Sanità) oggi i generi classificati sono 5: maschile, femminile, omosessuale maschile, omosessuale femminile e transgender. Gli ultimi tre sono considerati dalla medicina “disordini di genere” intendendo come genere l’appartenenza ad un sesso. Anatomicamente non ci sono differenze, queste persone hanno genitali maschili e femminili normali e biologicamente perfettamente funzionanti, sia dal punto di vista fisiologico che sessuale».

Sofia-Vergara-transessuale

A parlare è il professor Aldo Felici, per 25anni primario di chirurgia plastica all’ospedale San Camillo di Roma, ma noto soprattutto in Italia ed in Europa come il più famoso ed il più esperto tra i tre o quattro chirurghi che nel nostro Paese operano il cambio di sesso.
Sono venuta ad intervistarlo per capire meglio le differenze di genere e per conoscere la tecnica operatoria della inversione di sesso.
«Intanto il termine GENDER vuol dire genere, ed indica il genere maschile o femminile. TRANSGENDER invece è quello che una volta si definiva transessuale, ovvero una persona che non si riconosce nel corpo o nel genere che gli è stato attribuito alla nascita. I TRANS sono transessuali che hanno una forte pulsione verso lo stesso sesso, ma non sono omosessuali perché questa sensazione non interessa solo la sessualità ma tutti gli aspetti della personalità. Cioè chi é nata donna,ad un certo punto si vede e si sente diversa, con una reale dissociazione tra mente e corpo, e queste femmine si sentono davvero uomini per cui sono attratte dalle donne.
Così gli uomini, che si percepiscono totalmente donne, sono attratti dagli uomini e questa pulsione è talmente violenta che in un remoto passato li induceva anche a forme di autolesionismo con auto mutilazione dei propri genitali maschili.
TRAVESTITI
I travestiti invece non c’entrano niente con i transessuali, essendo solo delle persone che provano piacere, anche sessuale, e si eccitano nell’apparire e prendere le sembianze dell’altro sesso. Un travestito non vuole cambiare sesso, in genere richiede interventi solo estetici, come al naso o alle mammelle, ma nulla di più. E tutto questo non ha niente a che vedere con l’OMOSESSUALITÁ che invece è l’attrazione fisica e sessuale verso le persone dello stesso sesso, ma gli omosessuali accettano la loro identità di genere, loro non si farebbero mai operare i genitali. Sono situazioni completamente diverse, o meglio condizioni esistenziali diverse.
I Trans inoltre, pur non essendo omosessuali, sono attratti dallo stesso sesso per il disturbo di identità che li affligge, perché i maschi sentendosi donne, sono attratte dagli uomini e viceversa, ma l’aspetto sessuale è solo secondario, poiché é il malessere di identità che risulta sempre il più dominante».
Il professor Felici è appena uscito dalla sala operatoria dove ha finito di operare un paziente del quale gli chiedo notizie. «Io non ho operato un paziente, perché non c’era nessuna malattia da eliminare, ma sono intervenuto su una persona sana, con un disturbo tra la sua identità fisica e psichica. La transessualità ripeto, non è una malattia, tant’è che molti di loro vengono seguiti dallo psicologo, e non dallo psichiatra che invece è un medico che cura le patologie mentali. Qui non c’è nessun morbo da eliminare».
«Mi chiedi le cause di questo disagio? Nel transessualismo non è mai stata identificata una causa vera,ma si sono ipotizzati fattori genetici, fattori ormonali che intervengono in epoca gestazionale o nei primi anni di vita, e fattori ambientali inerenti al contesto in cui queste persone crescono, come la presenza di un padre violento, l’abbandono di una madre, o di eventi traumatici sulla psiche, ma sono solo ipotesi, non esiste alcun riscontro scientifico. Quello che è certo invece è che la transessualità si struttura nei primi tre anni di vita, si stabilizza in questo periodo senza dare sintomi, ma si rende manifesta in modo evidente solo durante la pubertà, quando inizia la tempesta ormonale che sviluppa i caratteri sessuali secondari (peluria, maturazione dei genitali e delle mammelle, con la comparsa del menarca nelle donne) e quando queste persone prendono coscienza che mentre il corpo va da una parte, la loro mente e la loro psiche vanno dall’altra, iniziano a sentirsi dissociati».
«In genere nasce un trans maschio-femmina su 20.000 ed un trans femmina-maschio su 40.000, quindi in Italia sono poche migliaia.Io nella mia carriera ne ho operati tra maschie femmine circa un migliaio, inclusi quelli su cui ho dovuto rimettere le mani per complicanze di operazioni fatte da altri, ma anche su complicazioni di miei interventi».
Intervento da maschio a femmina: «Questo tipo di intervento è il più frequente ed anche il meno complicato. Consiste in una prima fase demolitiva, nella quale si asportano i genitali di origine, cioè i testicoli con lo scroto ed il pene con i suoi corpi cavernosi. La seconda fase è quella costruttiva dove per prima cosa si esegue la vaginoplastica, cioè si costruisce una cavità tra il retto e la vescica che diventa una neo vagina, e la si riveste all’interno con la cute del fallo prelevato, che viene introflessa a dito di guanto. Poi si costruisce il neoclitoride con una porzione del glande, che naturalmente resta collegato ai suoi vasi sanguigni e ai suoi nervi, per conservare la sensibilità erogena che permetterà in seguito di raggiungere l’orgasmo, in genere di intensità superiore a quello delle donne. L’uretra verrá recisa (tagliata)sotto il clitoride, in modo da poter poi urinare in posizione seduta come le donne.
É importante dire che la prostata non viene mai eliminata, ma resta al suo posto, per cui bisogna seguire regolarmente i controlli del Psa poiché con l’età si possono manifestare i disturbi tipici senili di quest’organo, dall’ipertrofia al cancro».
DA DONNA A UOMO
«Questo intervento é più complicato del precedente per evidenti ragioni e per questo si programma in 5 o 6 operazioni. Per prima cosa si esegue la mastectomia bilaterale, ovvero la asportazione di entrambe le mammelle, il simbolo esterno più visibile e ingombrante della femminilità. Poi si procede con l’isterectomia totale, cioè la rimozione completa della vagina, dell’utero e delle ovaie, organi che non possono essere utilizzati per la ricostruzione.
Per confezionare il fallo si utilizza infatti un lembo di pelle proporzionato alla misura dello stesso, prelevato dal lato interno dell’avambraccio, o dalla parte superiore delle cosce, oppure dalla zona inferiore dell’addome (lembo sovrapubico) con un intervento di micro chirurgia che comprenda insieme alla pelle anche il prelievo dei vasi venosi ed arteriosi e dei nervi di quel lembo cutaneo, che dopo essere stato rimosso viene arrotolato,con tutto lo spessore del suo grasso sottocutaneo, a forma di salsicciotto, il più possibile simile al pene naturale, anche se la sua sensibilità conservata sarà soltanto tattile, come quella della pelle, e mai erogena. Per forgiare i testicoli si utilizzano le piccole e grandi labbra dell’apparato genitale femminile, con un risultato più che soddisfacente per il colore della pelle, per la sua elasticità e per la sua peluria. Il problema più complesso é costruire l’uretra che deve percorrere la lunghezza del neo-pene per permettere la minzione in piedi (molto richiesta dagli operati perché simbolo indiscusso di mascolinità) e ricavata da altrettanta cute arrotolata a forma di tubicino e posizionata nel suo decorso dalla vescica al glande. Questo é l’intervento che genera le più frequenti complicanze, come fistole uretrali o stenosi (restringimenti) per cui molti pazienti vi rinunciano e decidono di mantenere l’uretra nella posizione originale femminile e quindi di urinare seduti.
«Per ottenere l’erezione del neopene si può scegliere tra una protesi idraulica o una meccanica. Per la prima si posiziona nell’addome o in un solo scroto un piccolo serbatoio a forma di palloncino, collegato con un tubicino alla protesi fallica di silicone (ma vuota dentro), che viene invece inserita all’interno del neo-pene. Successivamente si riempie il serbatoio con un liquido gelatinoso permanente che, con un comando manuale, si trasferisce nel fallo di silicone alloggiato nel pene,facendolo così erigere. É il nuovo uomo stesso che aziona una pompetta di plastica inserita nell’altro testicolo, che viene strizzato con la mano più volte, per permettere al liquido del serbatoio di trasferirsi nella protesi del pene ed avere quindi l’erezione. Quando il trans vuole riportare il pene alla condizione di riposo, preme e strizza nuovamente la pompetta dal lato opposto, in modo da far defluire indietro il liquido nel suo serbatoio.
Esternamente non si vede nulla, perché tutto il dispositivo idraulico é inserito all’interno al corpo e ai nuovi organi genitali, quindi esteticamente tale protesi non é visibile.
La protesi meccanica invece è praticamente un fallo tutto in silicone, sostanza presente anche al suo interno, che la rende semi rigida, ed ha la forma per essere inserita nel neo pene, al quale regala un tono “barzotto” permanente, ovvero un turgore leggermente minore di quello della erezione naturale, ma valido a sufficienza per i rapporti sessuali, e soprattutto tale protesi è pieghevole, per cui il pene può in seguito essere piegato e ricollocato in basso, in alto o di lato quando si è vestiti, anche se attraverso i tessuti attillati si può intuirne il volume. Il vantaggio di tale protesi, che è la stessa usata negli interventi per la cura dell’impotenza maschile, è che raramente provoca complicanze ed é la meno costosa. Lo svantaggio é che non può essere affiancata nel suo decorso nel pene dall’uretra, il cui orifizio resta quello femminile di origine, sotto il clitoride, ed i soggetti operati dovranno necessariamente urinare da seduti.
Per quanto riguarda l’orgasmo,poiché i tessuti cutanei trapiantati non hanno sensibilità erogena, il nuovo fallo viene posizionato chirurgicamente sopra il clitoride femminile di origine, che non viene escisso, ma conservato in modo che assicuri anche la sua sensibilità, e con il movimento del pene durante i rapporti sessuali verrà di riflesso stimolato ad avere l’orgasmo, che però sarà sempre di tipo femminile e non sempre si riesce a raggiungere.
Il risultato finale per la trasformazione da donna ad uomo prevede quindi una media di 5/6 interventi,che sono la mastectomia, isterectomia, falloplastica, scrotoplastica, regolazione dell’uretra ed inserimento della protesi, salvo complicazioni.
CHI NON SI OPERA
Sono molti però i transgender che non si operano affatto, che non effettuano il cambiamento del sesso biologico, poiché sanno bene che tali trasformazioni non sono reali ma solo esteriori, che possono cambiare cioè gli attributi ma non il patrimonio genetico che resta lo stesso, maschile nei nati uomini e femminile nelle nate donne. Cioè il Dna di origine resta identico.
Il percorso di trasformazione prevede poi una terapia ormonale a base di estrogeni e progesterone che modifichi i caratteri sessuali di genere originali (la voce, la pelle, i peli, distribuzione del grasso ecc) e che non va mai sospesa, oltre ad un supporto psicologico prima e dopo la trasformazione».
Va precisato che io non posso assolutamente operare un tale soggetto senza l’autorizzazione e la sentenza del tribunale di riferimento,che valuterà psicologicamente la possibilità del cambio di sesso, con un training che può durare anche due anni, e non posso intervenire senza l’autorizzazione legale del tribunale, poiché queste operazioni sono considerate una lesione gravissima in quanto precludono definitivamente la capacità riproduttiva del cittadino».
«In Italia si eseguono non più di 40/50 interventi all’anno, data la scarsità degli operatori specialisti,ed attualmente le mete più gettonate sono la Thailandia, l’Inghilterra e la Spagna. Il pioniere di questi tipi di interventi é stato il Professor Bureau, un urologo francese che operava a Casablanca negli anni ’50, quando non veniva offerta nessuna valutazione psicologica, e quando le tecniche operatorie erano molto meno sofisticate di oggi».
«Mi preme sottolineare che i transgender comunque non sono assolutamente uno “scherzo della natura” come molti pensano, perché la natura non scherza! Mai! Loro nascono così ed hanno tutto il diritto di farsi riconoscere per quello che sono, tanto che ultimamente il Tribunale li autorizza al cambio dei dati anagrafici anche senza il cambio chirurgico del sesso,per il loro diritto di riconoscere la propria identità sessuale».
Il professor Aldo Felici oggi è primario emerito del San Camillo di Roma, opera nella Clinica Villa Pia della Capitale. Nel ’92 ha fondato il Saifip, il servizio di assistenza al disturbo dell’identità fisica e psichica. Dopo la mia intervista è rientrato in sala operatoria per eseguire una rinoplastica su un paziente, anzi su una persona, di genere omosessuale».

Transessuali, tutto quello che non vi dicono (peccati compresi)ultima modifica: 2017-02-12T00:34:27+01:00da acristina30
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